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Eliminare l’intermediario: il problema della carne

Quando il problema dei gas digestivi del bestiame occupa le prime pagine dei giornali di tutto il mondo, ci si rende conto che qualcosa, da qualche parte, sta andando storto. In un’epoca in cui un terzo della popolazione mondiale vive in condizioni di insicurezza alimentare, nei paesi sviluppati si consumano incredibili quantità di carne – perlopiù proveniente da allevamenti industrializzati con enormi costi per l’ambiente. Le nostre scelte alimentari sbilanciate ci hanno portato ad allevare miliardi di capi di bestiame – con la conseguenza che oggi condividiamo il pianeta con 33 miliardi di polli, più di un miliardo di mucche e altrettante pecore, centinaia di milioni di suini e molte altre creature addomesticate.

L’impatto dell’odierno sistema alimentare sugli ecosistemi globali e locali è disastroso: la nostra domanda di carne è una delle cause principali delle emissioni di gas serra, della deforestazione e della perdita di biodiversità. L’agricoltura animale occupa attualmente oltre il 40% di tutte le zone abitabili del pianeta1. Rappresenta inoltre un’opportunità mancata – milioni di ettari di terreno che potrebbero sequestrare anidride carbonica  vengono invece utilizzati per il pascolo e per la coltivazione di mangimi. Il “costo opportunità del carbonio” è enorme: in base a questa misura, ad esempio, un chilogrammo di proteine di manzo produce 1,250 chilogrammi di emissioni di CO2 2, equivalenti alle emissioni di 5 voli aerei da Londra a Roma3 e 27 volte le emissioni di un chilogrammo di proteine derivate dai legumi. 
 

 

La maggior parte di questo costo è dovuto all’inefficienza del processo con cui il bestiame converte le proteine vegetali in proteine animali. Il 77% dei terreni agricoli viene utilizzato per l’agricoltura animale, sebbene il bestiame fornisca appena il 18% delle calorie globali e il 37% dell’approvvigionamento proteico4. Per produrre una caloria di manzo sono necessarie 30 calorie di mangime, mentre oltre un terzo delle colture viene utilizzato per l’alimentazione del bestiame anziché per l’alimentazione umana. Gli animali sono un intermediario costoso nel nostro sistema alimentare globale – un sistema che non è sostenibile se vogliamo sfamare una popolazione in crescita senza superare i limiti di sostenibilità del nostro pianeta.

Gli animali sono un intermediario costoso nel nostro sistema alimentare globale – un sistema che non è sostenibile se vogliamo sfamare una popolazione in crescita senza superare i limiti di sostenibilità del nostro pianeta

 

Le piante come fonte di nutrimento alternativa 

Quando Jane Land e il suo compagno Matthew Glover hanno lanciato la campagna Veganuary dalla loro cucina nel Regno Unito nel gennaio 2014, non immaginavano il fenomeno che ne sarebbe scaturito. La loro campagna – che chiede alle persone di “mangiare vegano” durante il mese di gennaio – è passata da 10.000 adesioni iniziali a oltre 600.000 all’anno (e probabilmente molte di più tramite canali non ufficiali) e ha visto persone partecipare da tutto il mondo.

Veganuary si sta evolvendo in una tendenza più ampia, con sondaggi che indicano un interesse crescente verso diete a ridotto consumo di carne per il loro impatto positivo sulla salute sia delle persone, sia del pianeta. Le ricerche condotte dall’Università di Oxford hanno dimostrato che questi vantaggi sono effettivamente correlati – gli alimenti più sani hanno anche l’impatto ambientale più basso6, e gli alimenti a base vegetale risultano migliori sotto entrambi gli aspetti rispetto ai prodotti a base di carne o ai latticini in generale, e alle carni lavorate in particolare.

Se vogliamo raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi, è fondamentale che questa spinta verso la riduzione dell’assunzione di carne non sia soltanto una moda passeggera. Nel 2018, la Commissione EAT-Lancet ha riunito un gruppo di esperti di salute umana e sostenibilità ambientale per elaborare obiettivi scientifici per diete sane7. Gli esperti hanno indicato che, nel mondo occidentale, il consumo di carne rossa deve essere ridotto del 75% circa e sostituito con un aumento di quasi il 100% di consumo di lenticchie, fagioli, legumi o noci.

Una serie di impegni internazionali ha promesso di restituire 1 miliardo di ettari di terreno agricolo alla natura entro il 2030 – promessa che potrà essere mantenuta se consumeremo le colture direttamente, eliminando il passaggio intermedioldel bestiame.

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Carne artificiale e carne di pesce: non posso credere che non è carne

A fronte di una popolazione proiettata non solo verso una crescita, ma anche verso un più elevato benessere, la domanda di carne è destinata ad aumentare. Il consumo di carne è generalmente correlato al reddito: in Uganda, ad esempio, dal 1990 ad oggi sia il PIL sia il consumo di carne sono rimasti invariati, e l’ugandese medio mangia appena 10 kg di carne all’anno; in Cina, invece, dove nello stesso periodo il PIL pro capite è aumentato di 10 volte, il consumo di carne è triplicato arrivando a oltre 60 kg pro capite all’annoix. (A titolo di confronto, l’americano medio consuma oltre 120 kg di carne ogni anno.) Incentivare il passaggio a una dieta che predilige noci e legumi probabilmente non basterà a raggiungere la riduzione dell’utilizzo dei terreni e delle emissioni di cui abbiamo bisogno. La chiave di volta sarebbe invece orientare la domanda verso prodotti a base di carni e latticini “alternativi”.

Incentivare il passaggio a una dieta che predilige noci e legumi probabilmente non basterà a raggiungere la riduzione dell’utilizzo dei terreni e delle emissioni di cui abbiamo bisogno. La chiave di volta sarebbe invece orientare la domanda verso prodotti a base di carni e latticini “alternativi”

Nel 2016 Danone, sotto la guida del CEO Emmanuel Faber, ha acquisito WhiteWave, uno sviluppatore di latticini alternativi a base vegetale, tra cui i marchi Silk e Alpro. L’acquisizione ha rappresentato un debutto importante nel crescente mercato dei latticini alternativi e si inserisce nella strategia di Faber per posizionare Danone tra i pionieri della sostenibilità nel settore alimentare. La decisione si è rivelata lungimirante. Nel 2020 Danone ha annunciato di avere registrato una crescita del 15% delle vendite annuali nella propria divisione di prodotti a base vegetale. Ad oggi, i latticini alternativi costituiscono il 20% delle vendite della sua divisione di prodotti lattiero-caseari. L’anno scorso la società ha acquisito Earth Brands, produttore di yogurt e condimenti vegani, dimostrando una convinta fiducia nel settore. 

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Anche i prodotti di imitazione della carne si stanno facendo strada tra gli scaffali dei supermercati e stanno attirando l’interesse di importanti gruppi industriali. Facendo concorrenza alle start-up da prima pagina Beyond Meat e Impossible Foods, la società MorningStar Farms, divisione di Kellogg’s che da quasi 50 anni crea prodotti vegetariani, di recente ha lanciato una nuova linea di prodotti di imitazione della carne chiamata Incogmeato™ che comprende hamburger, salsicce e pollo a base vegetale sviluppati per essere indistinguibili dalla carne animale. Nel 2021 Kellogg’s ha investito 43 milioni di dollari in MorningStar Farms per espandersi in un mercato destinato a raggiungere un giro d’affari di 290 miliardi di dollari entro il 20358.

La carne coltivata – carne vera cresciuta in condizioni di laboratorio anziché attraverso metodi di allevamento tradizionali – rappresenta un’altra minaccia al mercato della carne così come lo conosciamo. In Gran Bretagna, la start-up Ivy Farms coltiva carni di suino o manzo in appena tre settimane, riducendo drasticamente l’impatto ambientale della tradizionale produzione di carne e scongiurando i rischi della resistenza antibatterica e della trasmissione di malattie dagli animali all’uomo che si associano all’allevamento del bestiame. La start-up statunitense WildType utilizza una tecnologia simile per crescere prodotti ittici – il loro primo prodotto è un salmone “di qualità sushi” cresciuto in uno stabilimento pilota in stile micro-birrificio a San Francisco. Il produttore di attrezzature alimentari GEA Group prevede una robusta crescita in questo sotto-settore e, nei prossimi quattro anni, punta a triplicare le vendite di attrezzature alimentari sia basate su cellule, sia basate su piante – entro il 2035 si stima che il 10% di carne, uova e prodotti lattiero-caseari deriverà da fonti non tradizionali9.

Anche il pesce d’allevamento svolgerà un ruolo importante nel sostituire la carne. Dal 1990 il settore dell’acquacoltura, che promette una sostenibilità molto maggiore rispetto alla pesca tradizionale, ha registrato una crescita del 500%. L’acquacoltura viene perlopiù praticata all’aperto, in laghi o in vivai sottocosta. In Norvegia, l’azienda Frederikstad Seafoods è all’avanguardia nell’acquacoltura indoor e alleva salmoni dalla nascita al raccolto in enormi vasche all’interno di magazzini vicino a Oslo10. Con l’ubicazione degli stabilimenti produttivi in prossimità dei mercati, l’acquacoltura indoor permette di raggiungere un’impronta di CO2 netta più bassa rispetto all’acquacoltura outdoor, ed entrambe le forme di produzione risultano nettamente migliori per l’ambiente rispetto all’allevamento di bovini o ovini11.

L’adozione di innovazioni nel settore dell’allevamento può essere un processo graduale, e i governi e l’industria hanno agito con lentezza nell’introdurre incentivi politici

 

Allevamenti più piccoli, più snelli, più puliti: ridurre le emissioni riducendo le “emissioni”

Il settore agricolo è responsabile del 45% di tutte le emissioni antropogeniche di metano, un potente gas serra, ed è ampiamente dimostrato che il principale colpevole è il bestiame, e in particolare i ruminanti come i bovini (mentre in passato si pensava che le vacche fossero soggette a fenomenale flatulenza, oggi si sa che sono, in realtà, campionesse di rutti – se le vacche potessero arrossire, il nostro grande interesse per le loro abitudini digestive gliene darebbe certamente motivo). 

Si ritiene che il 20% circa delle emissioni di metano prodotte dai ruminanti sia dovuto a fattori genetici. La riproduzione selettiva potrebbe pertanto creare una nuova generazione di bestiame a basse emissioni. Anche gli additivi per mangimi sembrano promettenti: è stato dimostrato che l’aumento del tenore di grassi insaturi inibisce i batteri che producono metano nell’apparato digerente12, mentre uno studio ha scoperto che l’aggiunta di alghe marine al mangime per bovini permette di ridurre dell’82% le emissioni di metano.

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Connecterra, start up con sede ad Amsterdam, sta facendo ricorso all’intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza e la produttività. Applicando dispositivi connessi ai singoli animali – il CEO di Connecterra, Yasir Khokar, descrive il loro dispositivo come “un fitbit per mucche” – gli allevatori possono monitorare fertilità, figliatura, lesioni e altri indicatori di minaccia per la salute, consentendo così di intervenire precocemente. Migliorare la salute degli animali significa aumentarne la produttività, così da consentire un numero di capi di bestiame ridotto al minimo. Connecterra aiuta gli allevatori anche ad evitare emissioni non necessarie: un recente test del Farm Emission Optimisation Model sviluppato dall’azienda e basato sull’AI ha aiutato un’azienda casearia olandese a ridurre le proprie emissioni annue di CO2e di 42 tonnellate, equivalenti alla combustione di 81 barili di petrolio.  

L’adozione di innovazioni nel settore dell’allevamento può essere un processo graduale, e i governi e l’industria hanno agito con lentezza nell’introdurre incentivi politici. Tuttavia, ora la situazione potrebbe cambiare. In Nuova Zelanda, ad esempio, un paese in cui l’agricoltura produce quasi la metà delle emissioni totali nazionali di gas serra, una nuova legge proposta per il 2025 introdurrà una tassazione per le emissioni derivanti dagli animali allevati nelle aziende. Nonostante la domanda di carne allevata con metodi tradizionali non si esaurirà completamente, nei prossimi decenni le politiche e le innovazioni nell’industria zootecnica dovrebbero portare a una produzione di carne e prodotti lattiero-caseari più snella, con un miglioramento del benessere degli animali e una ridotta impronta ambientale.

 

Una nuova realtà alimentare

I sistemi alimentari odierni sono una minaccia non solo per il pianeta, ma anche per le persone. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nel 2020 circa 800 milioni di persone soffrivano la fame. Paradossalmente, allo stesso tempo, 650 milioni di persone soffrivano di obesità. Oggi la popolazione mondiale si concentra soprattutto in paesi in cui si muore di malattie legate all’obesità, come diabete e malattie cardiache, piuttosto che di malnutrizione. 

Nei paesi occidentali, l’obesità è fortemente legata alla povertà – nel Regno Unito, ad esempio, un report del 2013 ha indicato che i bambini provenienti da zone svantaggiate hanno il doppio delle probabilità di diventare obesi rispetto ai bambini provenienti da aree più benestanti. Tuttavia, l’obesità non è più soltanto un problema dell’Occidente. Uno studio del 2019 condotto dallo University College di Londra ha dimostrato che le nazioni a basso e +medio reddito si trovano oggi ad affrontare il duplice problema di malnutrizione ed obesità13 dovuto alla progressiva diffusione di cibi trasformati poco costosi, ipercalorici e a basso contenuto di nutrienti. 

La transizione avrà un fattore chiave nel cambiamento della nostra dieta, con una riduzione dell’assunzione di carne in favore di alimenti con un minore consumo di suolo e acqua e minori emissioni correlate

 

Secondo il Dott. Francesco Branca, autore principale dello studio, “ci troviamo di fronte a una nuova realtà alimentare. Non possiamo più operare una distinzione netta tra paesi a basso reddito e denutriti e paesi ad alto reddito e colpiti soltanto dal problema dell’obesità. Tutte le forme di malnutrizione hanno un denominatore comune: sistemi alimentari che non forniscono a tutte le persone una dieta salutare, sicura, economicamente accessibile e sostenibile”.

“Per cambiare questa situazione”, continua il Dott. Branca, “dovremo intervenire in tutti gli ambiti dei sistemi alimentari – dalla produzione alla trasformazione, dal commercio alla distribuzione, fino al consumo e allo spreco.”

Questo cambiamento è già in atto. Le innovazioni negli imballaggi alimentari, come lo “strato extra-protettivo” di Apeel, ridurranno gli sprechi, così come una serie di soluzioni tecnologiche. Un esempio è la start up francese Phenix che, attraverso l’ottimizzazione del processo di ordinazione e stoccaggio, la definizione dei prezzi basata su algoritmi e un’app per la distribuzione di generi alimentari prossimi a scadenza, mette in collegamento chi ha troppo e chi non ha abbastanza e ha già aiutato più di 100 supermercati ad eliminare totalmente lo spreco alimentare. In molte regioni del mondo, la pandemia di Covid-19 ha accelerato la tendenza ad usufruire di consegne alimentari dai negozi di prossimità, modificando la tradizionale dinamica dell’“ultimo miglio” dei prodotti alimentari e riducendo sia le emissioni legate ai cibi, sia lo spreco alimentare.

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La transizione avrà un fattore chiave nel cambiamento della nostra dieta, con una riduzione dell’assunzione di carne in favore di alimenti con un minore consumo di suolo e acqua e minori emissioni correlate. La produzione odierna di carne e latticini perderà quote di mercato a fronte di un maggiore consumo di proteine tradizionali a base vegetale e di innovazioni sul fronte della carne artificiale e dei “prodotti di imitazione della carne” a base vegetale.

L’eliminazione del bestiame come passaggio intermedio rappresenterà un passo verso una radicale riorganizzazione dei nostri sistemi alimentari, che riteniamo creerà opportunità d’investimento del valore di 1500 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 e ci consentirà di nutrire una popolazione sempre più numerosa e, al contempo, restituire terreni alla natura e ristabilire la salute del nostro pianeta.

 

 

1 Poore and Nemecek, 2018; Half of the world’s habitable land is used for agriculture | Future of Food (ox.ac.uk)
nature.com "Assessing the efficiency of changes in land use for mitigating climat change"
How your flight emits as much CO2 as many people do in a year | Carbon footprints | The Guardian
4 Redefining agricultural yields: from tonnes to people nourished per hectare - IOPscience
Redefining agricultural yields: from tonnes to people nourished per hectare - IOPscience
Estimating the environmental impacts of 57,000 food products | PNAS
EAT-Lancet Commission Brief for Everyone - EAT (eatforum.org)
Alternative-Protein Market to Reach at Least $290 Billion by 2035 (bcg.com)
9 https://web-assets.bcg.com/a0/28/4295860343c6a2a5b9f4e3436114/bcg-food-for-thought-the-protein-transformation-mar-2021.pdf
10 Nelle foto: Land-based aquaculture promises more sustainable seafood | Financial Times (ft.com)
11 Quantifying greenhouse gas emissions from global aquaculture | Scientific Reports (nature.com)
12 How do fats reduce enteric methane emissions? (bovine-eu.net)
13 Poorest countries facing ‘double burden’ of obesity and malnutrition | UCL News - UCL – University College London

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