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Dalla schermatura del sole alla cattura del carbonio: le soluzioni di geoingegneria che potrebbero contribuire a contenere il riscaldamento globale

Il 1815 è l’anno in cui ebbe luogo sull’isola di Sumbabwa, nell’odierna Indonesia, l’eruzione vulcanica più potente mai registrata a memoria d’uomo. Per più di sei mesi dal vulcano del monte Tambora fuoriuscirono ceneri che si propagarono in ogni angolo della Terra, oscurando la luce solare e abbassando le temperature globali. L’anno successivo – noto come “l’anno senza estate” – in Europa le temperature estive rimasero ferme a valori minimi senza precedenti.

Una storia analoga si è verificata in tempi più recenti, nel 1991, con l’eruzione del Monte Pinatubo, nelle Filippine, che ha immesso nell’atmosfera circa 17 milioni di tonnellate di anidride solforosa, provocando, secondo alcune stime, un calo transitorio delle temperature di 0,5 gradi Celsius.

Di fronte alla prospettiva di un mondo esposto a un rapido riscaldamento, gli scienziati si chiedono se la geoingegneria – scienza che interviene per modificare i sistemi naturali del Pianeta – possa contribuire a contenere le temperature. Una delle proposte è replicare artificialmente l’effetto di raffreddamento dei vulcani, immettendo nella stratosfera anidride solforosa.

Altre forme di geoingegneria sono in una fase di sviluppo più avanzata. Ne è un esempio la tecnica di cattura e stoccaggio del carbonio, ispirata alla capacità degli alberi di assorbire CO2 direttamente dall’aria, che sta per essere commercializzata su vasta scala.

I sostenitori della geoingegneria affermano che intervenire nelle dinamiche della Natura con interventi di questa portata sarà indispensabile se vogliamo conseguire gli obiettivi di temperatura stabiliti dall’Accordo di Parigi. In questa sede esaminiamo le principali soluzioni di geoingegneria e analizziamo alcune implicazioni sotto il profilo ambientale e dei costi.

Guarda il nostro video in collaboriazone con il FT e scopri le soluzioni di geoingegneria che potrebbero aiutare a limitare il riscaldamento globale:

Schermare il sole …o aprire il vaso di Pandora?

Nel 2014, ad Harvard, gli scienziati del Solar Geoengineering Research Program pubblicarono una ricerca su quella che definivano una “perturbazione stratosferica controllata”.1 Lo studio illustrava il loro piano che prevedeva di iniettare aerosol di solfati nell’atmosfera per creare uno scudo attorno alla Terra che riflettesse i raggi del sole nello spazio, riducendo la quantità di luce solare in grado di raggiungere la superficie terrestre.

“Il rischio di superare la temperatura-obiettivo fissata dall’Accordo di Parigi “è ogni giorno più alto”, i governi dovrebbero “togliere il coperchio” alla ricerca basata sulla SRM”

Pascal Lamy, già direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio e presidente della Climate Overshoot Commission

A distanza di dieci anni, il progetto di Harvard è fermo, bloccato da critiche inerenti al rischio di conseguenze sconosciute. Tuttavia, la tecnologia è relativamente semplice e una serie di esperimenti “ufficiosi” sono stati già condotti su piccola scala, in particolare da Make Sunsets, una società della Silicon Valley che ha lanciato dozzine di palloni meteorologici, ciascuno contenente un piccolo carico di solfati.2

La geoingegneria solare, più nota come gestione delle radiazioni solari (solar radiation management, SRM) ha polarizzato la comunità scientifica. Pascal Lamy, già direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio e presidente della Climate Overshoot Commission, sostiene che poiché il rischio di superare la temperatura-obiettivo fissata dall’Accordo di Parigi “è ogni giorno più alto”, i governi dovrebbero “togliere il coperchio” alla ricerca basata sulla SRM.

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Altri temono che questo significhi aprire il vaso di Pandora e sostengono che la comunità internazionale debba tenere il coperchio saldamente chiuso. Secondo le ricerche condotte dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), la SRM su larga scala basata sugli aerosol potrebbe alterare i flussi di vento e le correnti oceaniche e provocare persino minori precipitazioni a livello regionale,3 mentre uno studio pubblicato nel 2022 dall’Organizzazione meteorologica mondiale avverte che l’utilizzo di solfati potrebbe danneggiare la fascia di ozono.4

Aarti Gupta, docente di governance ambientale globale presso l’Università di Wageningen in Olanda, è tra le centinaia di accademici che hanno chiesto una moratoria internazionale sulla ricerca SRM basata sui solfati. Avvertendo che tale ricerca potrebbe comportare rischi sistemici sconosciuti, Gupta chiosa: “Di fatto questa tecnologia non può essere sperimentata perché farlo significherebbe utilizzarla”.5

Come le nuvole, anche il ghiaccio dei mari polari svolge un ruolo importante riflettendo la luce solare e raffreddando il pianeta

Nuvole più bianche e ghiaccio più spesso

Utilizzare gli aerosol di fosfati è solo una delle varie soluzioni di gestione delle radiazioni solari. La ricerca scientifica si sta focalizzando anche sulla possibilità di stimolare “l’effetto albedo”, ossia il potere riflettente delle nuvole e del ghiaccio polare.

Ad aprile 2024 gli Stati Uniti hanno testato una tecnologia che mira a rischiarare le nuvole marine spruzzandole con un aerosol di acqua di mare.6 La speranza è che la nebulizzazione di piccole particelle di acqua marina su nuvole già formate aumenti la loro capacità di disperdere la luce solare riflettendola nello spazio. Stephen Salter, professore emerito dell’università di Edimburgo nonché uno dei maggiori sostenitori dello schiarimento delle nuvole marine, ritiene che una flotta di 300 navi autonome che operano su base permanente, ciascuna dotata di pompe speciali per l’utilizzo di acqua marina, potrebbe ridurre il riscaldamento globale di 1,5°C a un costo annuo di soli 100-200 milioni di dollari.7

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Come le nuvole, anche il ghiaccio dei mari polari svolge un ruolo importante riflettendo la luce solare e raffreddando il pianeta.8 Dopo decenni di perdita di ghiaccio nell’Artico9 e i moniti che entro il 2050 le estati artiche non saranno più glaciali,10 scienziati e imprenditori studiano la possibilità di rendere il ghiaccio marino più resiliente.

La principale soluzione, sperimentata al momento dalla società olandese Arctic Reflections e dalla britannica Real Ice, è pompare acqua marina dallo strato sottostante la calotta glaciale, spruzzandola sulla superficie dove l’acqua si congela e aumenta così lo spessore del ghiaccio.11 Arctic Reflections stima che con un numero contenuto di idrovore marine (100-1’000) si potrebbe impedire lo scioglimento estivo di circa 100’000 km di ghiaccio nell’Artico.

Altri sono più scettici. Secondo le conclusioni dei ricercatori della State University in Arizona, per proteggere tutto l’Oceano Artico in questo modo servirebbero addirittura 100 milioni di pompe, che richiederebbero l’utilizzo di un miliardo di tonnellate di acciaio (due terzi di tutta la produzione annua mondiale), occuperebbero la metà della capacità mondiale di navi container e costerebbero 5’000 miliardi di dollari.12

 

Estrarre carbonio dall’aria

Ad oggi, la gestione delle radiazioni solari è perlopiù limitata a piccoli progetti pilota. Tuttavia, vi sono altre soluzioni di geoingegneria in fase più avanzata. Da oltre cinquant’anni,13 alcune centrali elettriche hanno installato impianti di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) per “estrarre” l’anidride carbonica dai gas di scarico, facendoli passare attraverso un filtro appositamente studiato. Più di recente, l’industria marittima ha adottato la stessa tecnologia per ridurre l’impatto ambientale del combustibile pesante, notoriamente inquinante, utilizzato dal settore.

Secondo un rapporto stilato nel 2022 dall’International Panel on Climate Change, “il ricorso alla rimozione dell’anidride carbonica per compensare le emissioni residue, difficili da abbattere, è inevitabile se si vuole raggiungere...l’obiettivo di azzeramento delle emissioni CO2

Oggi gli impianti di CCS hanno dimensioni più ambiziose. A maggio 2024 la società svedese Climeworks ha aperto in Islanda il più grande impianto al mondo di estrazione diretta del carbonio dall’aria:14 una volta raggiunta la piena capacità, “Mammoth” catturerà ogni anno 36’000 tonnellate di CO2 direttamente dall’aria circostante, piuttosto che dai gas di scarico. Climeworks collabora con la società islandese Barbfix per iniettare il carbonio estratto in depositi sotterranei profondi e utilizza l’energia geotermica rinnovabile per alimentare il processo dall’inizio alla fine.

Mentre la gestione delle radiazioni solari continua a essere controversa, la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio ha guadagnato un più ampio consenso. Secondo un rapporto stilato nel 2022 dall’International Panel on Climate Change, “il ricorso alla rimozione dell’anidride carbonica per compensare le emissioni residue, difficili da abbattere, è inevitabile se si vuole raggiungere...l’obiettivo di azzeramento delle emissioni CO2”.15

 

Investire in geoingegneria

In larga misura, la rimozione del carbonio sarà frutto di soluzioni climatiche naturali quali il ripristino e la gestione di foreste e torbiere. La tecnologia CCS con estrazione diretta della CO2 dall’aria è comunque destinata a svolgere un ruolo crescente. Nel 2022 Climeworks ha raccolto fondi per 650 milioni di dollari, il più grande investimento mai effettuato in tecnologia CCS con estrazione diretta dall’aria.16 Alcuni importanti clienti quali Microsoft e JP Morgan Chase17 si stanno preparando a pagare fior di quattrini per la rimozione della CO2 e realizzare così i propri obiettivi di sostenibilità.

Che si opti per la gestione delle radiazioni solari o la cattura diretta di CO2 dall’aria, la geoingegneria su larga scala potrebbe diventare una componente essenziale della transizione verso un futuro sostenibile

Sebbene la gestione delle radiazioni solari sia ancora sostanzialmente in fase di sperimentazione, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) stima che 130 impianti CCS con cattura diretta dall’aria sono programmati o già in fase di sviluppo.18 Per gli investitori questa è un’opportunità per partecipare a un settore in crescita, contribuendo al contempo alla transizione verso un mondo a emissioni zero. Nel 2022 il settore CCS più ampio, che include sia la cattura del carbonio nel punto di emissione che la cattura diretta dall’aria, è stato valutato a quasi 3,3 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo atteso del 6,2% fino al 2030.19

Malgrado la tecnologia CCS con cattura diretta dall’aria consenta di rimuovere l’anidride carbonica garantendo un’elevata qualità, la sua diffusione è ostacolata essenzialmente dai costi. Affinché venga adottata su larga scala, il costo per tonnellata deve scendere da 500-1’000 dollari a meno di 200 dollari.20 Inoltre, nonostante la tecnologia sia ampiamente accettata dalle autorità e dagli scienziati, la cattura e lo stoccaggio del carbonio resta una questione controversa e sono molti gli attivisti che temono che la rimozione artificiale della CO2 si limiti a nascondere il problema di fondo e possa persino ridurre l’incentivo a tagliare le emissioni globali. Tuttavia, con le Nazioni Unite che continuano a ricordarci che la finestra per raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi si sta “rapidamente chiudendo”,21 presto potremmo non avere altra scelta. Che si opti per la gestione delle radiazioni solari o la cattura diretta di CO2 dall’aria, la geoingegneria su larga scala potrebbe diventare una componente essenziale della transizione verso un futuro sostenibile.


 

Stratospheric controlled perturbation experiment: a small-scale experiment to improve understanding of the risks of solar geoengineering | Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences (royalsocietypublishing.org)
Climate engineering: a quick fix or a risky distraction? (ft.com)
Study: Reflecting sunlight to cool the planet will cause other global changes | MIT News | Massachusetts Institute of Technology
Sunlight-Dimming Climate Schemes Need Worldwide Oversight | Scientific American
Climate engineering: a quick fix or a risky distraction? (ft.com)
To Slow Global Warming, Scientists Test Solar Geoengineering - The New York Times (nytimes.com)
How artificially brightened clouds could stop climate change - BBC Future
Ghiaccio marino│CMEMS (copernicus.eu)
Six ways loss of Arctic ice impacts everyone | Pages | WWF (worldwildlife.org)
10 Observationally-constrained projections of an ice-free Arctic even under a low emission scenario | Nature Communications
11 Pumped up: will a Dutch startup’s plan to restore Arctic sea-ice work? | Polar regions | The Guardian
12 Arctic ice management - Desch - 2017 - Earth’s Future - Wiley Online Library
13 You Asked: Does Carbon Capture Technology Actually Work? – State of the Planet (columbia.edu)
14 Climeworks opens world’s largest plant to extract CO2 from air in Iceland | Reuters
15 Removing carbon from air vital to reach climate goals, IPCC says | Reuters
16 Direct Air Capture - Energy System - IEA
17 Climeworks’ 2023 year in review
18 Direct Air Capture - Energy System - IEA
19 Why carbon-capture tech is key to reaching climate goals | World Economic Forum (weforum.org)
20 How to get direct air capture costs to under $150 per ton | World Economic Forum (weforum.org)
21 Window to reach climate goals “rapidly closing”, UN report warns | UN News

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